venerdì 16 gennaio 2009

Faith No More - Introduce Yourself

Introduce Yourself può essere considerato il vero, grande debutto dei Faith No More. Dico "vero" e "grande" perché il precedente LP, "We care a Lot", ebbe una sfortunata storia di brutti mixaggi e pubblicità inesistente, vendendo così poche copie da far pensare alla band di San Francisco di dover cambiare qualcosa al loro stile molto innovativo (per i tempi), il Funk Metal. A molti sembreranno due album abbastanza simili, tuttavia, oltre ad essere prodotto molto meglio, Introduce Yourself contiene anche una carica e un'aggressività che al precedente LP mancavano. Il basso diventa molto più brillante e metallico, così come la chitarra di Jim Martin, di cui vengono esaltati gli intermezzi psichedelici, mentre le tastiere si fanno ancora più evocative, forti del passato New Wave della band. Cambia parecchio anche la voce di Chuck Mosely, in un certo senso "cresciuto" e meno monocorde, non abbastanza tuttavia per poter far compiere alla band quel salto di qualità che le è sempre mancato, almeno fino all'arrivo di Mike Patton. Ma non divaghiamo troppo nel "futuro" e analizziamo il disco traccia per traccia.

Faster Disco apre alla perfezione lo spirito dell'album: chitarra e basso ritmati accompagnati da una tastiera che colora il tutto con un sottofondo quasi "epico", poi l'urlo animale, il break ritmico, e ricomincia la canzone. Chuck subito mette in mostra le sue (non eccelse) doti vocali, tipiche di un rapper mulatto, un po' lamentoso ma almeno non fastidiose. Intermezzi thrash metal, di nuovo la voce, il cantato si fa più aggressivo, e si scopre il vero valore di Chuck: non al canto quanto nello sputare le parole con rabbia. Secondo intermezzo, solo voce e batteria, con le onnipresenti tastiere, di nuovo la chitarra che si presta ad un sapiente gioco di distorsioni volte a creare un suono psichedelico che va a sfumare assieme a tutta la canzone...

Anne's Song ci riporta subito con i piedi per terra, aperta da un basso slap su cui si innesta subito un rap tipico della West Coast. Sottofondo sempre tastierato, ma più leggero, melodico, pop. Ritornello melodico con chitarre elettriche, soffuse anche queste, poi ritorno al rap funkeggiato, sembrerebbe una canzone perfetta per ballare quando alla fine del secondo ritornello parte l'assolo di chitarra tipicamente metal, melodico come la canzone ma con una certa ruvidità. Anche questa canzone presenta alla fine un fading (voci, urla e falsetti)...per poi chiudere velocemente a volumi udibili.

Subito parte la title track, molto corta (1.32), con un ritmo molto veloce fatto di chitarre e rap sincopato. Rappato è anche il ritornello, a volte accompagnato da un battito di mani, quasi come se fosse una festa tipica dei sobborghi Californiani. Dopo tre ritornelli si arriva subito alla fine della canzone, fatta di cori accompagnati dall'onnipresente tastiera.

Un ronzio apre quella che secondo me è il capolavoro del disco: Chinese Arithmetic. Intro di batteria, poi tastiere, sempre epiche ma leggermente malinconiche, tristi, contribuiscono a creare un mood perfetto per la voce di Chuck che si inserisce subito dopo. Qua il tono non è lamentoso, ma malinconico, come la canzone in sé. Poi una virata aggressiva, dura una ventina di secondi e si ritorna all'umore iniziale. A circa metà canzone un break quasi ambient (se non fosse per la batteria) anticipa un'autentica esplosione di rabbia rappata, seguita da una chitarra thrashy, anche se abbastanza lenta, inframmezzata da urla di aiuto, in modo da non perdere l'atmosfera dell'inizio.

Death March inizia con un discorso parlato di Chuck di 30 secondi, per poi aprire un riff cadenzato di chitarra, una marcia appunto. Cantato melodico che nel ritornello si trasforma in una serie di urli a ritmo di marcia. Linea melodica di chitarra tipicamente Metallic-hiana che anticipa una serie di voci convulse e poco udibili. Di nuovo la marcia, la quale verso la fine diventa sempre più rumorosa, opprimente, per poi chiudersi con dei furiosi colpi di rullante.

Due violenti colpi di tom annunciano l'inizio di un altro capolavoro del disco, già presente nell'album precedente. Si tratta ovviamente di We Care a Lot, canzone nata come parodia della "Great Song of Indifference" di Bob Geldof. Col suo tono sarcastico Mosely stigmatizza il comportamento ipocrita di molti artisti che per aiutare il terzo mondo spesso si abbandonano a sfarzi innecessari ed egocentrici, ironizzando anche su altri comportamenti poco etici di tutti i tipi. La canzone consiste in un basso pizzicato fortissimo sulla stessa corda, quasi slappato sembrerebbe, inframmezzato di violenti riff di chitarra e cori sarcastici che ripetono il titolo della canzone. Il tono della tastiera è quantomai aulico in questa occasione, un capolavoro della satira, forse l'unica canzone interpretata davvero bene da Mosely, di cui Patton non può fare effettivamente di meglio.

R N' R Parte con un riff degno della migliore tradizione alternative anni '80, accompagnato da un basso duro e funky. La voce di Mosely è aggressiva e sputa parole tra i denti, per poi calmarsi in un breve canto melodico, assieme agli altri strumenti. A metà registrazione la chitarra comincia a seguire un pattern lento, sincopato, accompagnato dalla melodia dettata dalle tastiere, per poi seguire un bridge più velocizzato. La canzone si conclude con un Mosely che quasi sembra perdere aggressività per poi riprendersi con un tono sarcastico.

The Crab Song inizia con una parte calma, evocativa, onirica, dettata da un arpeggio di chitarra quasi silenzioso ma percettibile. Mosely chiama, urla, sembra un uomo spaesato che si risveglia nel suo stesso sogno, accenna un canto sottile e calmo, a tema con gli strumenti che lo accompagnano. Verso il secondo minuto la chitarra incomincia a distorcersi: è segno che la calma sta finendo e sta per iniziare la tempesta. Ed ecco che arriva: tempesta di distorsioni thrash, basso brillante slappato, il rap a ritmo della batteria, sempre sincopata, la velocizzazione del tutto, l'onirismo che ancora pervade la canzone con i suoi accompagnamenti d'organo. Ed ecco la conclusione: si finge calma per pochi secondi, per poi ripartire con la sua furia a ritmo di funk.

Blood
è forse la canzone che meglio rappresenta le origini New Wave della band: parte con un synth molto soffuso, accompagnato dal ritmo thrash di chitarra e basso. Chuck arriva, urla belluine leggermente melodiche, poi ecco il rap, riecco le urla, come sempre il synth di sottofondo è il vero protagonista, tranne a centro canzone, dove un batterista infuria sulle proprie pelli seguito da una chitarra distorta e marcia, molto hardcore punk nei suoni, funky nel ritmo. A fine canzone c'è un accelerazione che ricorda molto "Guerra" dei Litfiba, anche quella accompagnata da urla e synth, anche quella conclusa all'improvviso, violentemente.

Ed eccoci in chiusura: un canto di Mosely introduce il riff puramente thrash di Spirit, ripreso velocizzato nell'album successivo, "The Real Thing", nella canzone "Surprise You're Dead". Tornando al presente, questo purissimo ritorno al thrash metal che imperversava in quegli anni accompagna la voce di Mosely, che in questo caso funge molto da comprimaria del vero protagonista dell'ultima canzone: il metal furioso.

In definitiva Introduce Yourself è un esperimento molto buono di fusione tra funk, metal e new wave (poca ma buona). Prodotto alla perfezione, suonato bene e composto abbastanza egregiamente. L'unico punto di discussione rimane il cantante: Mosely ha di sicuro una voce personale, e dopo le stonature dell'album precedente si è sforzato di cantare meglio che poteva. Tuttavia la sua limitatezza espressiva e stilistica, unita ad un forte consumo di droghe pesanti lo porteranno alla cacciata dal gruppo e all'assunzione nei Faith No More di un grandissimo cantante, forse il migliore degli anni '90, ma questa è un'altra storia...


7.5/10

Tracklist:
1. Faster Disco - 4:16
2. Anne's Song - 4:46
3. Introduce Yourself - 1:32
4. Chinese Arithmetic - 4:37
5. Death March - 3:00
6. We Care A Lot - 4:02
7. R N' R (musica: - 3:12
8. The Crab Song - 5:53


Formazione:

* Chuck Mosely - voce
* Jim Martin - chitarra
* Bill Gould - basso
* Mike Bordin - batteria
* Roddy Bottum - tastiere

lunedì 17 novembre 2008

Metallica - Kill'em All

È il 1983, il glam metal imperversa negli USA ma soprattutto a Los Angeles. Qui un gruppo di ragazzi ai margini della società non si riconosce in questa vita di feste continue e disimpegno totale, amando la musica heavy metal per quello che era stato alla sua essenza: ribellione, anticonformismo, esoterismo. In un certo senso fu così che nacque il thrash metal, in contrapposizione ai capelli cotonati e alle zeppe dei Motley Crue, e fu in quell'anno che venne alla luce uno dei classici del genere, il punto zero di tutte le avanguardie metal che sarebbero venute di lì a poco. I Metallica nascono a Los Angeles appunto, ma si trasferiscono a San Francisco, nella cosidetta Bay Area, zona di fervente produzione thrash. Lì affinano le loro tecniche e i loro suoni, dando così alla luce il primo di una bella serie di album destinati a entrare nelle teste di molti ragazzi di difficile provenienza sociale: Kill'em All.

Hit the Lights apre l'album con una vera e propria tempesta sonora sconnessa (all'apparenza): batteria e distorsioni si fondo insieme in un ritmo serratissimo, poi il feedback, il riff, l'urlo, la velocità. In sostanza questo è Kill'em All, per buona parte. Il brano non viene cantato, viene urlato, biascicato, alla migliore maniera hardcore punk (con il quale il thrash condivide scelte stilistiche). Nonostante la grezzezza estrema del suono la band si lascia andare anche ad ottimi assoli di pentatonica, figli dello speed metal più oltranzista.

Neanche il tempo di respirare che The Four Horsemen parte con quattro accordi serratissimi. Una chitarra molto ritmata accompagna il brano che forse autocelebra i Metallica (che per l'appunto in futuro saranno chiamati "The Four Horsemen" dai fans), con un Hetfield che invoca ad uno ad uno i nomi dei cavalieri dell'Apocalisse. Brano scritto in gran parte da Mustaine (che uscì dal gruppo prima della registrazione per formare i Megadeth) che lo registra sotto il nome di "The Mechanix", i componenti rimasti decidono di tenerselo allungandolo un po' e aggiungendoci una parte melodica e lenta all'interno, senza tuttavia perdere il suono thrash e anzi dimostrando un'ottima perizia compositiva nel gestire i cambi di tempo.

Motorbreath si apre con un giro di percussioni e subito dopo un riff grattatissimo che riprende il tema centrale della canzone, sia musicalmente che concettualmente:

Motorbreath
Its how I live my life
I can't take it any other way
Motorbreath
The sign of living fast
It is going to take
Your breath away

Dedicata ai Motorhead (grandi ispiratori del sound del gruppo e di vari gruppi thrash) è la canzone più corta del gruppo (3.08), molto probabilmente la più serrata e veloce. Potenza incendiaria senza compromessi, questo è il thrash metal, questi sono i Metallica.

Jump in the Fire inizia con un giro di chitarra molto rockeggiato (forse per questo rilasciata come singolo dal gruppo/produttori) parla del declino dell'animo umano mentre precipita verso l'inferno (appunto un salto nel fuoco). Dopo circa due minuti di thrash metal si apre un intermezzo molto ritmato e stoppato, quasi come gli AC/DC un po' velocizzati. Un buon pezzo, forse il meno riuscito del disco, offuscato parecchio dalla fama del brano successivo.

(Anesthesia) Pulling Teeth è un assolo di basso interamente composto da Cliff Burton, ideato ed affinato parecchio prima di entrare nei Metallica (Hetfield e Ulrich ammettono che quando stavano cercando un nuovo bassista rimasero senza parole nel vedere una tale melodia suonata da un basso). La prima parte è lenta, psichedelica, si presta a soluzioni musicali non proprio ortodosse, invoca quasi il rock anni '60 e '70. Più o meno a metà pezzo ecco la batteria (che funge solo da accompagnamento, la star è Cliff qua) e il pezzo si velocizza, diviene thrashy, tecnico, cristallino quasi in alcuni punti, si consacra come simbolo di una generazione di bassisti metal che suoneranno questo strumento anche solo per provare ad emulare questo pezzo.

Whiplash è, come dice il titolo, una frustata: si apre con violentissimi riff stoppati direttamente nelle tue orecchie, si calma leggermente con una batteria molto cadenzata, accompagnata da una chitarra elettrica nel vero senso della parola, per poi ri-esplodere nella solita, veloce furia thrash. Il ritornello è come mai qua urlato, la canzone quasi si deve fermare per contenere l'urlo di Hetfield: WHIPLASH!
Anche qui tuttavia c'è anche spazio per dei cambi di tempo (che rimane tuttavia veloce) prima di anticipare uno degli assoli più melodici e al contempo veloci di Hammett (composti tuttavia dall'"esiliato" Mustaine).

Una distorsione eterea apre Phantom Lord, poi un riff cadenzatissimo, quasi una marcia metal, anticipa le ennesime sfuriate chitarriste, inframmezzate da alcuni accordi riconducibili al vecchio heavy britannico. Il ritornello quasi viene soverchiato dalla potenza delle chitarre, quasi come un live, sembra di sentire un eco, gli stessi assoli pieni di chorus danno al pezzo un'aria molto da concerto. Poi, nella seconda metà del pezzo, la sorpresa: la melodia, gli arpeggi, quasi di Maiden-iana scuola. Durano poco, abbastanza tuttavia per rimanere nella mente dell'ascoltatore, quasi come un riposo tra le varie sfuriate thrash.

No Remorse si apre quasi col groove, riff che potrebbe benissimo stare dieci anni dopo in una canzone dei Pantera, accompagnato all'inizio dal classico assolo pesante e acuto. Poi il cambio di tempo, sapientemente aperto dall'urlo di Hetfield, per pochi secondi, prima del ritornello, forse quello più "cantato" di tutti i brani. Metà brano, altro cambio di tempo, aperto da una batteria picchiata selvaggiamente, quasi un bombardamento a tappeto. Assolo. Ennesimo cambio di tempo. Di nuovo il tema centrale. Hetfield urla (ATTACK!!) e si torna al riff iniziale. Di sicuro il brano più tecnico dell'album, forse a pari merito con The Four Horsemen.

Seek and Destroy si apre come si deve aprire un classico di un gruppo: riff tagliente, senza accordi, in alcuni punti quasi arpeggiato violentemente, deve stamparsi nella tua testa perché, dopo 25 anni, sarai ancora lì a cantarlo mentre la tua band preferita celebra la sua memoria. Il pezzo è più lento del classico tempo thrash, prende molto in prestito dall'heavy. Il ritornello è un inno, invocato quasi:

Searching
Seek and Destroy

Dopo due ritornelli eccolo, il cambio di tempo, la batteria invoca un pogo da un pubblico che sembra presente nella tua camera, Hammett (Mustaine) ne approfitta per spararci un assolo, ripreso 25 anni più tardi in un'altra canzone di un altro album (anche questo volto a celebrare le origini dei Metallica - ma non divaghiamo).
L'ennesimo inno, pardon ritornello, chiuso in una risata sarcastica, apre le battute conclusive della canzone, la quale sembra non volersi concludere, quasi come una jam tra amici si abbandona a vari riff, per poi finire con la melodia centrale in MI della canzone.

Siamo alle battute conclusive e Metal Milita sembra partire senza benzina, per poi sparare violentemente le ultime cartucce rimaste al gruppo. Gli stessi giri di chitarra sono pennati con una violenza inaudita, esplosiva, quasi stonante. Hetfield torna al suo cantato urlato, chiudendo l'album come si era aperto, nella violenza sonora più estrema (diverrà poi una consuetudine del gruppo). La parte conclusiva è affidata ad un riff che è un climax, il quale apre gli ultimi versi e riff, che vanno a dissolversi sotto una marcia di un esercito del metal, accompagnato da spari e altri suoni militari.

In definitiva Kill'em All è l'album più thrash e ortodosso dei Metallica: ci sono sì le influenze heavy che saranno più marcate negli album successivi, tuttavia in questo album sono velocità e violenza che la fanno da padrone, creando così un LP spontaneo, giovane e volendo un po'(chissimo) inesperto, ma assolutamente sincero ("true" verrebbe da dire).

9/10

Tracklist:


  1. "Hit The Lights" - 4:17
  2. "The Four Horsemen" - 7:13
  3. "Motorbreath" - 3:08
  4. "Jump In The Fire" - 4:42
  5. "(Anesthesia) Pulling Teeth" - 4:15
  6. "Whiplash" - 4:09
  7. "Phantom Lord" - 5:02
  8. "No Remorse" - 6:27
  9. "Seek And Destroy" - 6:56
  10. "Metal Militia" - 5:11

Formazione:
James Hetfield: voce/chitarra ritmica
Kirk Hammett:
chitarra solista
Cliff Burton:
basso
Lars Ulrich:
batteria

sabato 1 novembre 2008

Litfiba

-Dagli esordi romantici al pop rock dei giorni nostri, passando per ritmi latini, influenze gitane ed episodi tipicamente hard rock-


==Gli inizi==
Nel 1980 Federico "Ghigo" Renzulli, chitarrista di Manocalzati (AV), dopo alcuni anni passati in una Londra in pieno fermento new wave torna nella sua nazione d'origine, pronto a dare una scossa all'assopito panorama rock italiano: sceglie Firenze, la città più ricettiva verso le nuove tendenze giovanili "underground". Dopo un breve periodo di esperienza nel "Trio Caracas" gruppo Police-style con il futuro Raf al basso e alla voce, Ghigo pubblica su una rivista un'annuncio con cui cerca membri pronti a formare una band di genere new wave. All'annuncio risponderanno per primi Gianni Maroccolo (basso) e Francesco Calamai (batteria), e successivamente Antonio Aiazzi (tastiere) e uno scalmanatissimo Piero Pelù (voce).


==La fase New Wave della "Trilogia del potere" (1980-1989)==
Il gruppo prende il nome Litfiba componendo un ipotetico indirizzo telex (antenato del fax) che riconduca alla cantina affittata da Ghigo per le prove della band: L (sigla fissa di chiamata) IT (Italia) FI (Firenze) BA (Via dei Bardi 32).
Pochi giorni dopo (8 Dicembre 1980, data della morte di John lennon) i Litfiba apprestano a fare il loro primo concerto alla Rockoteca Brighton di Settignano: un delirio. Nonostante una cerca immaturità tecnica dei vari componenti il concerto è memorabile se non altro per la vera e propria pazzia post-adolescenziale di un Pelù diciottenne: Piero infatti durante i brani si getta due volte sul pubblico sconcertato. Alla terza la folla si divide e Piero per contrappasso si incrina una costola.
Dopo due anni di concerti il gruppo incide il loro primo EP "Guerra", disco che contiene tra le altre cose, due futuri cavalli di battaglia della band: Guerra e Luna. Quest'ultima verrà inserita l'anno dopo, assieme ad un altro futuro grande brano, La preda, in un singolo (prodotto grazie alla vittoria di un rock contest) intitolato appunto "Luna/La preda".
Nello stesso anno, il 1983, succedono due cose: Francesco Calamai cede il posto a Renzo Franchi e viene prodotto il primo vero e proprio album, colonna sonora dello spettacolo teatrale "L'Eneide di Krypton". Si tratta di un album molto sperimentale, a tratti ambient, quasi interamente strumentale (Pelù recita solo alcuni versi all'inizio de "Il racconto di Enea"), molti infatti lo considereranno un EP "esteso", un lavoro sperimentale, più che il primo LP della band. Nel 1984 pubblicano l'ennessimo EP, "Yassassin" contenente una cover di David Bowie (che dà il titolo al disco) e la storica Elettrica Danza.
Il 1985 è l'anno chiave del combo fiorentino: Renzo Franchi esce dal gruppo, sostituito da Ringo de Palma (pseudonimo di Luca de Benedictis), forse uno dei batteristi italiani più talentuosi di sempre. Viene anche pubblicato il loro primo, vero album, primo episodio della cosidetta "Trilogia del potere" (serie di album che hanno come base di concetto la critica al potere costituito): "Desaparecido". 33 minuti di suoni elettronici tipici della new wave con ritmi rock e melodie mediterranee (con il piccolo ma fantastico episodio gitano di Tziganata, vero brano-killer dell'album), contornati da testi ricchi di metafore e dal sapore lisergico. Ogni brano di quest'album diventa una leggenda per i fans del gruppo, capace di generare boati e partecipazioni estreme ai loro concerti. Dopo la pubblicazione di "Desaparecido" i Litfiba partono per un lungo tour in tutta la Francia e pubblicano nel 1986 L'EP "Transea", che raccoglie alcuni brani composti durante il tour e contenente la splendida Onda Araba.
Sorgono tuttavia le prime discussioni nel trio compositivo Renzulli-Maroccolo-Aiazzi: mentre Ghigo vorrebbe creare un suono più rock e graffiante, Gianni e Antonio vorrebbero spostare il sound del gruppo verso atmosfere più cupe e oscuramente barocche, anticipate dall'"Eneide". Piero e Ringo non partecipano alle discussioni: il primo forse perché considerato troppo "bambino", il secondo perché impegnato quasi totalmente dal servizio di leva (c'è anche da dire che Piero e Ringo erano i due componenti che più avevano problemi di dipendenza dalla droga all'interno del gruppo). La discussione viene temporaneamente vinta dal duo romantico Maroccolo-Aiazzi, ed il risultato di tale vittoria si intitola "17 Re".
Sicuramente dotato di un suono più maturo e articolato di "Desaparecido", "17 Re" contiene brani che spaziano tra atmosfere differentissime tra di loro: si va dal rock sgangherato e graffiante (Resta, Gira nel mio cerchio, Cane) al romanticismo a tratti decadente (Vendette, Come un Dio, Univers, Ballata), tornano le atmosfere gitane tanto care a Piero (Tango) e c'è anche spazio per una caustica critica sociale che permea tutti i brani (e che trova le massime espressioni in Apapaia e Ferito).
Il successo derivato dall'album porta il gruppo ad un tour mondiale cominciato addirittura nella lontana Australia e terminato con l'unica data italiana al Tenax di Firenze (storico locale underground, ora ridotto ad una mezza discoteca) dalla quale verranno registrati alcuni brani, pronti per essere pubblicati nel primo album live della band, "12/5/87 (aprite i vostri occhi)". Il concerto, contenente tra le altre cose un medley da antologia di Vendette e Luna terminato con un delirante e lunghissimo discorso di un dittatore folle, viene eseguito da una band in formissima e da un Pelù palesemente ubriaco e/o strafatto ma al contempo unico e trascinante. Esso dimostra anche la carica che una band di quel calibro riusciva a dare dal vivo ad una folla di fans, riuscendo persino ad abbandonarsi in digressioni improvvisate ma non per questo fini a loro stesse.
L'anno successivo viene pubblicato "Litfiba 3", album che conclude la "Trilogia del potere", iniziata con "Desaparecido" e continuata con "17 Re". Si tratta di sicuro dell'album più politicamente e socialmente "esplicito" del gruppo, scelta lirica derivata forse da una maggiore libertà compositiva data a Ghigo, il quale dà al disco un suono molto più "rock" dei precedenti, anticipando la fase '90 del gruppo. Nonostante l'impronta generalmente rock dei brani c'è spazio anche per influenze latine (che permeano tutto il disco) e l'onnipresente traccia gitana (l'ottima Paname).
Al disco seguirà il "Pirata" tour, dal quale verrà pubblicato un omonimo album live, a cui vennero fatte pesanti sovraincisioni. Proprio la scelta di questa tecnica di registrazione in un certo senso poco "onesta", unita ad una soluzione sonora sempre più "rock" decisa da Ghigo, porterà all'uscita dal gruppo di Maroccolo, de Palma e Aiazzi (che rimarrà comunque come turnista) che si andranno ad unire alla nuova formazione dei C.C.C.P. Fedeli alla linea.


==La "Tetralogia degli elementi" (1990-1999)==
Nonostante la dipartita dei membri storici, Ghigo e Piero non si perdono d'animo, reclutando Roberto Terzani (basso), Mauro Sabbione (tastiere), Daniele Trambusti (batteria) e Candelo Cabezas (percussioni), forse il membro più serio e capace di tutta la nuova compagine. Con questa formazione nel 1990 viene registrato "El Diablo", il primo lavoro interamente rock della band fiorentina. Forte di alcune ottime tracce (El Diablo, Probito e Il volo, dedicata come tutto l'album a Ringo de Palma, da poco scomparso causa overdose) il disco si piazza in ottime posizioni di vendita e fa conoscere i Litfiba al grande pubblico, pur presentando punti morti (nonostante la breve durata) e preoccupanti influenze pop.
Due anni (1992) dopo uscirà "Sogno ribelle", raccolta di alcune canzoni storiche risalenti al periodo della "Trilogia del potere" reinterpretate in chiave rock, contenente tra l'altro la prima versione studio di Cangaceiro, pezzo registrato in versione live in "Pirata".
Tuttavia il 1992 è anche l'anno dello scoppio di Tangentopoli, della crisi e caduta della Prima Repubblica, è l'anno della rabbia sociale di un paese preso per i fondelli per circa trent'anni. Durante le indagini che portarono alla distruzione dei partiti storici della politica italiana i Litfiba lavoreranno al loro album più duro, un hard rock spesso sfociante nel metal con ritmiche latine e tribali: "Terremoto", pubblicato nel 1993.
Già la copertina è una doppia citazione al panorama musicale metal (il logo è palesemente "ispirato" a quello dei Metallica, mentre il pugno può essere visto come un richiamo a "Vulgar Display of Power" dei Pantera), mentre le canzoni altro non sono che violentissime invettive contro il sistema politico e di mercato (Dimmi il nome, Maudit, Soldi, Dinosauro) contro la decadenza della moralità delle classi borghesi (Firenze sogna, Il mistero di Giulia) contro il servizio di leva (Prima guardia), cantate da un Pelù rabbiosissimo e urlante, accompagnato da una chitarra quantomai presente e distorta all'inverosimile (per un gruppo che si trovava in cima alle classifiche di vendita italiane, of course). La scelta di questa soluzione sonora porterà sia i Litfiba a suonare al Roskilde Festival (primo gruppo italiano) assieme a gruppi del calibro di Motorhead, Anthrax e Sonic Youth, sia a problemi di ordine pubblico nei tour successivi, a causa dell'avvicinamento di frange di fans violente che spesso si scontravano con servizi d'ordine sospettosi e poco inclini a compromessi. Tale energia live verrà testimoniata dall'ottimo live (anche se non ai livelli di "Aprite i vostri occhi") "Colpo di coda", contenente un inedito in studio (A denti stretti) e uno live, destinato originariamente a "El Diablo" (Africa).
Nello stesso anno viene prodotto "Spirito", album molto più tranquillo dei precedenti, quasi un tentativo di stemperare i toni esasperati del precedente "Terremoto". È qui che prende forma l'idea della "Tetralogia degli elementi": Piero e Ghigo si rendono conto di aver casualmente prodotto due album con ognuno un elemento contraddistinguente ("El Diablo" riferito al fuoco, "Terremoto" alla terra) decidendo dunque di cambiare in fase di composizione il titolo dell'album da "Serpente d'asfalto" a "Spirito". Il disco suona molto "pop" e calmo, e scorre via senza lasciare molto segno, a parte delle belle canzoni come Tammùria e Lacio Drom (ritorno alle atmosfere gitane, anche se non ai livelli di una Tziganata o di una Paname) e un ritorno al rock con Ora d'aria. Nonostante la band stessa non rimanga molto soddisfatta dell'album quest'ultimo raggiunge un buon riscontro di vendite, abbastanza per iniziare un nuovo tour, abbastanza seguito per promuovere l'ennesimo disco live ("Lacio Drom (Buon viaggio)") abbastanza anonimo e orribilmente sovrainciso.
Passano due anni (1997) e viene pubblicato un altro album tendente al pop frivolo, "Mondi sommersi", ovviamente legato all'elemento acqua. Nonostante le premesse, il disco è nel complesso buono: pur contenendo una canzone abbastanza vergognosa (Regina di cuooooooori) presenta anche alcuni pezzi molto validi (Ritmo#2, Sparami, Dottor M., L'esercito delle forchette). Dopo un bell'album esce, manco a dirlo, il 259179380esimo live, "Croce e delizia", che pur essendo nel complesso inutile almeno è veramente registrato dal vivo, senza sovraincisioni di sorta.
Infinito (1999) rappresenta, secondo le intenzioni della band, l'elemento "0" della tetralogia degli elementi: la summa di tutti e quattro convogliata nell'infinita tematica del tempo. Belle intenzioni, non c'è che dire. Peccato che il disco faccia cagare. Poche volte si è visto un disco così sfacciatamente ruffiano e ammiccaclassifiche, molte meno volte da parte di una band che ha saputo tirare fuori capolavori del rock italiano e mondiale, e MAI in maniera così frivola e orribile. La chitarra sembra un giocattolino gommoso, e Pelù canta utilizzando spesso un falsetto effemminato e coccoloso: se in "Terremoto" sembrava una tigre, adesso è un vero e proprio gattino. L'apice dello schifo si raggiunge con la disco-pop Mascherina e la frocissima Sexy Dream, canzone con una carica energica degna di Solange. L'unica canzone che può essere definita tale è Nuovi rampanti, che risulta comunque noiosa e scontata.
Con una band ormai alla frutta, si rompe il sodalizio Renzulli-Pelù, che porta il primo a conservare il nome Litfiba e a riformarli, il secondo ad una carriera pop-rock abbastanza anonima e ignorabile.


==La terza fase (2000-2006)==

Renzulli dunque, pur di non far morire una band ormai storica, si accontenta di ricominciare dal basso: recluta il bassista e il batterista dei Malfunk (rispettivamente Gianluca Venier e Ugo Nativi) e un cantante allora sconosciuto, Gianluigi "Cabo" Cavallo. Con questa formazione registra subito "Elettromacumba" (2000), album comunque insufficiente pur contenente una canzone abbastanza energica (Piegami), tutto sommato risulta leggermente superiore di Infinito (perché di peggio non si poteva effettivamente fare).
Dopo l'onnipresente CD live post-studio (perlomeno scaricabile gratuitamente da internet) Gianmarco Colzi prende il posto di Ugo Nativi dietro le pelli, pubblica "Insidia", un album più oscuro e aggressivo del precedente, contenente finalmente delle belle canzoni (Mr. Hyde, Nell'attimo, Invisibile). Pur risultando nel complesso ancora insufficiente, può essere messo un gradino sotto "Spirito", facendo respirare dunque un'atmosfera di rinascita professionale.
Dopo l'orribile manovra commerciale della Platinum Collection del 2003, I Litfiba tornano in studio con un redivivo Antonio Aiazzi per registrare e pubblicare nel 2005 "Essere o sembrare", album a dir la verità poco ispirato e noioso, perlomeno onesto.
Un anno dopo, nell'autunno del 2006, i Litfiba muoiono per la terza volta, con l'abbandono di Aiazzi, Cabo, Colzi e Venier, rimanendo seppelliti per quasi due anni


==La quarta fase (2008-????)==
Quasi come un fulmine a ciel sereno, Renzulli annuncia di essersi visto col bassista della "Tetralogia degli elementi", Roberto Terzani, per la stesura di alcuni pezzi e per la possibile rinascita del progetto Litfiba. Dopo aver reclutato Pino Fidanza alla batteria e Filippo Margheri alla voce, la band lavora ad un nuovo album previsto per l'inizio del 2009. Nel frattempo viene pubblicato un videoclip con un demo (Effetti Collaterali) uscito nell'ottobre del 2008, che definisce la nuova linea musicale della band: pur essendo nel complesso scontato e anonimo, la canzone si contraddistingue per la buona voce del nuovo frontman e per il desiderio di voler tornare verso i lidi rock della "Tetralogia degli elementi" senza voler tuttavia ignorare nuove (per la band) forme di espressione musicale.


==Discografia essenziale==
Anno - Nome album - (voto)

1985 - Desaparecido (10)
1986 - 17 Re (9.5)
1987 - 12/5/87 (aprite i vostri occhi) (9)
1988 - Litfiba 3 (8)
1990 - El Diablo (6.5)
1993 - Terremoto (7.5)
1994 - Spirito (5.5)
1997 - Mondi sommersi (6)
1999 - Infinito (2)
2000 - Elettromacumba (3)
2001 - Insidia (4.5)
2005 - Essere o sembrare (4)